Nella prima parte di questo articolo abbiamo visto come ci sia una discrepanza concettuale nella descrizione degli esercizi per lo sviluppo della forza, tra gli arti superiori e quelli inferiori.

Per avere una migliore coerenza, a mio avviso, sarebbe necessario categorizzare gli esercizi per gli arti inferiori attraverso i movimenti e non attraverso, come abbiamo visto, le sollecitazioni meccaniche imposte sulle ginocchia o sulle anche.

Partiamo dal concetto dalla Force-Vector Theory. Questo è un approccio metodologico emergente, basato su solide e consolidate basi meccaniche. Questa teoria si basa sulla selezione degli esercizi, per lo sviluppo della forza degli arti inferiori, più connessi con le diverse fasi dello sprint, vale a dire le fasi di: 

  • massima accelerazione 
  • massima velocità 

In base a questo concetto formulato da Bret Contreras e che trova supporto in questo studio del 2018 “Vertically and horizontally directed muscle power exercises: Relationships with top-level sprint performance”, gli atleti con l’obiettivo primario di sviluppare qualità di accelerazione, più legate alle fasi iniziali dello sprint, potrebbero favorire l’utilizzo di esercizi diretti orizzontalmente (Hip-Thruster), rispetto all’uso di esercizi diretti verticalmente (Squat o Split Squat). Viceversa se l’obiettivo principale dell’allenamento è migliorare la capacità neuro-meccanica associata alla velocità massima nello sprint, dove la forza di reazione al contatto con il suolo (Ground Reactive Force) diventa il fattore più importante, l’implementazione dello Squat e dei salti verticali sembrerebbe essere una strategia più efficace. 

Questa teoria pone quindi le basi per una descrizione dell’esecuzione degli esercizi di forza delle gambe suddividendo gli esercizi in: verticali quando la produzione di forza genera uno spostamento lungo l’asse verticale ed esercizi orizzontali quando invece lo spostamento generato è perpendicolare all’asse longitudinale.

Visto che stiamo però cercando di catalogare esercizi, non gesti sportivi, nei quali si inizia da fermi e si esegue un movimento vincendo l’inerzia della staticità producendo una accelerazione,

a mio avviso la prima grande suddivisione dovrebbe essere:

  • Esercizi di o per Accelerazione Verticale
  • Esercizi di o per Accelerazione Orizzontale 

Tale suddivisione non nega la dominanza articolare e non nega che gli esercizi di accelerazione verticale non possano essere “Ginocchio dominanti” e che quelli per la accelerazione orizzontale non possano essere “Anca dominanti”, ma li descrive partendo dai movimenti piuttosto che dalle parti corporee.

Questo concetto è confermato da questo studio “Vertical and Horizontal Hop Performance: Contributions of the Hip, Knee, and Ankle” pubblicato su Sports Health nel Marzo 2021, che ha valutato il contributo della proporzione di lavoro svolto da anche, ginocchia e caviglie durante la fase di propulsione e di atterraggio sia nei salti verticali che in lungo.

È risultato evidente infatti (Livello di evidenza 3) che il salto verticale viene eseguito con contributi approssimativamente simili di anca, ginocchio e caviglia sia per la propulsione che per l’atterraggio, mentre la distanza del salto orizzontale viene principalmente determinata dall’anca e dalla caviglia, mentre durante l’atterraggio il contributo principalmente viene prodotto dal ginocchio.

In questo caso il salto orizzontale (esercizio di accelerazione orizzontale) nella fase di propulsione è risultato essere più “anca dominante” rispetto al salto verticale (esercizio di accelerazione verticale) mentre, l’atterraggio da un salto orizzontale si è dimostrato essere più “ginocchio dominante rispetto alla fase propulsiva”.

La suddivisione per esercizi di Accelerazione Verticale ed esercizi di Accelerazione Orizzontale non è però sufficiente a creare un adeguato quadro di comprensione delle possibili dinamiche osso-muscolari presenti nei vari esercizi, in quanto non considera la tecnica di esecuzione del movimento allenante in base alle abilità di movimento possedute in quel momento dall’atleta.

Abilità di Movimento ed esecuzione degli Esercizi Allenanti

Le diverse abilità di movimento, in base alla flessibilità delle parti corporee, delle catene cinetiche e al controllo che l’atleta ha di esse, potrebbero far variare la esecuzione di un esercizio creando così differenti sollecitazioni sulle articolazioni degli arti inferiori e rendendo quindi un esercizio che per definizione è “anca dominante” un esercizio “ginocchio dominante” o viceversa.

Questo studio “Trunk Inclination During Squatting is a Better Predictor of the Knee-Extensor Moment Than Shank Inclination” pubblicato nel Journal of Sport Rehabilitation nel Feb 2021, si dimostra infatti come l’inclinazione del tronco e degli stinchi abbiano una relazione opposta al momento di estensione del ginocchio (Knee Estensor Moment), ossia le sollecitazioni meccaniche imposte sul ginocchio.

Una maggiore inclinazione anteriore degli stinchi, aumenta il KEM, mentre una maggiore inclinazione del tronco in avanti lo diminuisce. Tuttavia l’inclinazione del tronco gioca un ruolo più importante ed è risultato il predittore più importante del KEM, evidenziando il fatto che l’aumento della domanda sul quadricipite creato da una inclinazione anteriore degli stinchi più pronunciata può essere compensato dall’inclinazione del tronco.

Ciò significa che l’inclinazione del tronco in avanti rispetto all’asse verticale può alleviare le sollecitazioni imposte sulle Ginocchia ripartendole sulle Anche, modificando quindi la dominanza della parte corporea nella esecuzione del movimento.

Tutto ciò asseconda il paradosso di Lombard che sottolinea il fatto che in un accosciata profonda, data la reciprocità antagonistica dei quadricipiti e dei femorali sulla flessione delle ginocchia e delle anche sarebbe impossibile tornare su senza la presenza dei glutei. In questo caso i glutei ripartiscono la coppia motrice favorendo l’estensione delle anche e la estensione del ginocchio, divenendo quindi estensori della schiena ed estensori delle ginocchia.

La mia proposta è quindi di utilizzare la posizione del busto come ulteriore discriminante nella descrizione degli esercizi per lo sviluppo della forza degli arti inferiori e dovremo prendere in considerazione la verticalità del busto o meno.

Ne si evince che gli esercizi per lo sviluppo della forza per gli arti inferiori possono essere catalogati in questa maniera:

Questa immagine descrive una migliore catalogazione degli esercizi per lo sviluppo della forza agli arti inferiori chi è coerente con la descrizione degli esercizi attraverso i movimenti e non con un approccio riduzionista come la descrizione delle parti corporee.
Nella terza parte di questo articolo andrò ad illustrare i vari esercizi all’interno di questa catalogazione aggiungendo anche un’altra variabile!